🚨 Esplosione sulla flottiglia per Gaza: “Family Boat” in fiamme al largo della Tunisia

Nella notte tra l’8 e il 9 settembre, una delle imbarcazioni principali della missione, la Family Boat battente bandiera portoghese, è stata colpita da un’esplosione nelle acque tunisine al largo di Sidi Bou Said.

Secondo gli organizzatori, a provocare l’incendio sul ponte principale e nei depositi sottocoperta sarebbe stato un drone, segnalato in volo poco prima. Le immagini diffuse dai presenti mostrano fiamme e fumo denso, prontamente domati dall’equipaggio. Le autorità tunisine, tuttavia, negano la pista dell’attacco e parlano di una deflagrazione interna alla nave, forse legata a un guasto tecnico.

Nessuna vittima, ma forte allarme

I sei membri dell’equipaggio a bordo sono usciti illesi, ma i danni materiali sono significativi. La nave ospitava parte del comitato organizzativo della flottiglia, rendendo l’episodio ancora più delicato.

“È un tentativo di intimidazione – hanno denunciato gli attivisti – ma non ci fermerà”.

Missione sotto pressione

La Global Sumud Flotilla è la più imponente iniziativa civile via mare diretta a Gaza: oltre 50 imbarcazioni e più di 15.000 partecipanti da 44 paesi, tra cui figure note come Greta Thunberg, Ada Colau e Zwelivelile Mandela. L’obiettivo è rompere simbolicamente e concretamente il blocco imposto da Israele e consegnare aiuti umanitari.

L’incidente avviene in un clima già carico di tensioni: Israele ha minacciato di trattare i partecipanti come “terroristi”, mentre attivisti e ONG parlano di missione umanitaria legittima.

Le reazioni

  • Tunisia: parla di “incidente tecnico interno”.
  • Organizzatori: parlano di “attacco con drone” e rilanciano il viaggio.
  • UE: mantiene cautela, ribadendo che la responsabilità della sicurezza è dei singoli Stati.
  • Istituti umanitari come il Lemkin Institute for Genocide Prevention hanno espresso piena solidarietà ai partecipanti.

Cosa succede ora

La flottiglia resta in Tunisia per valutare i danni e proseguire la missione. L’arrivo nelle acque di Gaza resta stimato per la metà di settembre.

L’episodio, però, segna un punto di svolta: da protesta simbolica, la missione entra ora in una dimensione geopolitica più pericolosa, tra accuse, minacce e sospetti.