
di Il Sognatore Lento – Rubrica “Pensieri Scomposti”
C’è sempre un momento, nelle piazze italiane, in cui qualcuno decide che la democrazia si misura a colpi di… uova.
È successo di nuovo a Bologna: una manifestazione che doveva essere un’espressione di dissenso diventa l’ennesima scenetta da social, con gruppetti che lanciano uova contro la polizia. Il tutto accompagnato da commenti entusiasti: “Che bello spettacolo!”.
Già, spettacolo.
Perché ormai sembra di assistere più a una fiction che a una protesta: attori improvvisati che si credono rivoluzionari, e agenti che devono reggere la parte dei bersagli immobili — perché guai a reagire, altrimenti i titoli dei giornali cambiano subito tono.
Quando la protesta diventa cosplay
Un tempo la manifestazione era una cosa seria: slogan, idee, battaglie, persino rischi.
Oggi invece va di moda il “cosplay del rivoluzionario”: cappuccio, sciarpa, ovetto da discount e via, lanciatori di indignazione prêt-à-porter.
Attenzione, non stiamo parlando di protesta civile — sacrosanta.
Parliamo di chi usa la piazza come palcoscenico per far vedere agli amici su Instagram “quanto sono antisistema”, salvo poi tornare a casa con la mamma che chiede:
«Hai sporcato la felpa nuova?»
La polizia? Deve stare ferma. Sempre.
Lo spettacolo continua: agenti che devono subire in silenzio.
Non possono rispondere, non possono muoversi. Devono solo incassare, aspettare, documentare, mantenere il sangue freddo mentre qualche genio scambia la loro divisa per un bersaglio.
E se uno solo dei poliziotti sbaglia un passo — uno! — ecco che la narrazione cambia:
la vittima diventa aggressore, l’aggressore diventa poeta della libertà.
Così funziona oggi la giustizia social.
La protesta vera è un’altra cosa
La libertà di manifestare è un pilastro.
La libertà di insultare, aggredire e lanciare oggetti, no.
E non si tratta di “schierarsi”: si tratta di buon senso, quello che sparisce quando la piazza diventa uno show e la politica un like.
Difendere l’ordine pubblico non significa zittire le idee: significa evitare che la democrazia si trasformi in una barzelletta.
E in una democrazia normale, nessuno dovrebbe essere soddisfatto nel vedere persone — poliziotti o manifestanti — usate come bersagli.
In conclusione
Lanciare uova contro la polizia non è ribellione: è una regressione.
È l’infantilismo che diventa rito collettivo.
È la prova che in Italia, ogni tanto, confondiamo la libertà con il libero sfogo.
E intanto chi lavora davvero — in divisa o in piazza — deve fare i conti con una minoranza rumorosa, che rovina la credibilità delle proteste e rischia di far passare per violenti anche quelli che sono scesi in strada con idee vere.
A volte il problema non è l’uovo che vola.
È la testa che non vola mai abbastanza in alto.
Il Sognatore lento
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