Capitolo 11 – Il ritorno e l’attesa del destino (1910–1914)


in Il Vate e la sua terra


Tra il 1910 e il 1914, Gabriele D’Annunzio visse un periodo difficile e tormentato, segnato dalla fuga in Francia a causa dei debiti che lo opprimevano. La sua vita, già ammantata di scandali, aveva subito un ulteriore colpo a causa di un eccesso di spese personali e dei costi legati alla sua fama. Il poeta, che aveva accumulato un gran numero di creditori, si trovò costretto a lasciare l’Italia e rifugiarsi in Francia, insieme alla sua compagna Nathalie de Goloubeff, una nobildonna russa, che divenne la sua confidente e musa di

D’Annunzio e Nathalie de Goloubeff durante l’esilio in Francia (1910-1914), camminando insieme, lontani dall’Italia e dalla fama, ma uniti nel silenzio della loro fuga.

quegli anni. La scelta di Parigi e delle località circostanti, come Grasse nel sud della Francia, non fu solo una fuga dalle difficoltà economiche, ma anche una ricerca di ispirazione in una terra che, per D’Annunzio, rappresentava un rifugio intellettuale e artistico.

La Francia rappresentava per D’Annunzio una sorta di terra promessa, un luogo dove potersi rifugiare dal tumulto politico e sociale italiano, ma anche un posto dove potersi esprimere liberamente attraverso l’arte. La sua permanenza fu segnata da un’intensa attività creativa, che vide la scrittura di opere in francese, un segno della sua volontà di staccarsi dalla tradizione italiana e avventurarsi in un linguaggio più universale e cosmopolita. “Forse che sì, forse che no” è l’ultimo romanzo di Gabriele D’Annunzio, pubblicato nel 1910. Ambientato nel mondo affascinante e pericoloso dell’aviazione nascente, il romanzo intreccia la storia d’amore tormentata tra Paolo Tarsis e Isabella Inghirami con il tema più ampio della modernità, vista come forza seducente e distruttiva.
Attraverso il ritmo veloce delle macchine, il desiderio, la gelosia e le inquietudini interiori dei protagonisti, D’Annunzio esplora i contrasti dell’uomo moderno: il bisogno di superare i propri limiti e, allo stesso tempo, il rischio di precipitare nel vuoto, tanto fisico quanto spirituale. Nel (1911) nacque Le martyre de saint Sébastien, un’opera teatrale intrisa di spiritualità e simbolismo, che D’Annunzio scrisse seguendo l’influenza della cultura francese, in particolare quella legata al decadentismo e al simbolismo. L’opera, che fu successivamente musicata da Claude Debussy, si distinse per il suo linguaggio mistico e trascendente, dove il corpo di San Sebastiano diveniva simbolo di martirio e bellezza, tema ricorrente nella produzione artistica di D’Annunzio di quel periodo.

Nel 1912, D’Annunzio compì un’altra importante creazione, il melodramma La

La Parisina, protagonista del melodramma di D’Annunzio, incarna il tragico contrasto tra amore e destino, un tema espresso con eleganza e intensità. La figura della giovane donna, avvolta nel suo abito sontuoso, e il guerriero sullo sfondo, evocano l’epicità della storia raccontata nell’opera, simbolo di passione e sacrificio.

Parisina, che fu musicato da Pietro Mascagni. Questo lavoro rappresentava un altro esempio della sua continua ricerca di nuovi linguaggi artistici, in un contesto che lo vedeva influenzato dalla raffinatezza della musica francese e dall’idea di un’arte totale, capace di abbracciare diversi mezzi espressivi. La Parigi che D’Annunzio trovava davanti ai suoi occhi era una città in fermento, dove le avanguardie culturali e artistiche vivevano una stagione di straordinario fervore. Non a caso, il poeta, che aveva una predilezione per l’arte raffinata e il lusso, fu attratto da quel mondo di sfarzo che Parigi rappresentava all’epoca. Sempre nel 1912 – Contemplazione della morte
Testo saggistico-meditativo, legato anche al lutto per Pascoli e Bermond; rientra nella fase memorialistica del periodo francese.

Nel 1913, l’autore completò La Pisanelle ou La mort parfumée, un’altra opera in francese che rifletteva il suo interesse per la morte come tema estetico, trattato con la stessa bellezza decadente che aveva contraddistinto molte delle sue opere precedenti. In questo caso, la morte si mescolava con la sensualità e l’esotismo, in una trama che affrontava il contrasto tra vita e morte attraverso il prisma della bellezza assoluta. In queste opere, la lingua francese divenne il mezzo attraverso cui D’Annunzio poté esprimere i suoi temi più intimi e complessi, cercando di conferire alla sua produzione un respiro internazionale che potesse superare i confini italiani.

Non solo letteratura: il periodo francese di D’Annunzio segnò anche il suo primo contatto diretto con il cinema. Nel 1914, infatti, il poeta collaborò alla sceneggiatura del film muto Cabiria, diretto da Piero Fosco. Il film, uno dei primi capolavori del cinema italiano, fu un trionfo per l’industria cinematografica del paese e rappresentò un esempio della capacità

Una scena tratta dal film muto Cabiria (1914), con il colossale Moloch che si erge sullo sfondo, mentre la protagonista, sopraffatta dalla minaccia, è trattenuta da un braccio oscuro. Il dramma si sviluppa nell’antica atmosfera, evidenziando la tensione e la forza simbolica che permeano il film, a cui D’Annunzio contribuì con la sceneggiatura.

di D’Annunzio di influenzare non solo la letteratura, ma anche le nuove forme artistiche che stavano nascendo. Il coinvolgimento di D’Annunzio nel mondo del cinema testimonia la sua versatilità come artista e il suo continuo desiderio di esplorare nuovi orizzonti creativi.

Durante questo periodo, D’Annunzio visse in un mondo di contraddizioni. La sua fama e il suo status di “poeta vate” erano ormai consolidati, ma il suo esilio non era solo il risultato delle sue difficoltà finanziarie: rappresentava anche un rifugio dai conflitti interni e dai suoi rapporti turbolenti con l’Italia e i suoi ideali politici. La Francia, con la sua cultura raffinata e il suo spirito liberale, gli permetteva di evadere dai confini italiani e di sviluppare una visione più cosmopolita della sua arte, lontano dalle pressioni politiche e sociali.

Tuttavia, nonostante il successo artistico che ottenne in Francia, D’Annunzio non dimenticò mai la sua patria e la sua missione politica. Nel 1915, dopo anni di esilio, tornò in Italia, dove la situazione politica stava rapidamente cambiando. Con il ritorno della guerra, il poeta si lanciò nella campagna interventista, pronto a guidare l’Italia verso una nuova era di grandezza. La sua esperienza francese, pur segnata dalle difficoltà e dalla necessità di risolvere i suoi problemi economici, fu fondamentale per l’evoluzione del suo pensiero e della sua arte, preparando il terreno per il suo coinvolgimento attivo nella politica e nella guerra.

In questi anni, D’Annunzio non solo esplorò la sua dimensione artistica, ma si preparò a diventare il leader carismatico e controverso che avrebbe preso parte alla Prima guerra mondiale, diventando un simbolo della grandezza e della tragedia della nazione italiana.