
«9 agosto 1918 — D’Annunzio porta l’Italia sul cielo di Vienna.»
In Il Vate e la sua terra

L’Europa è stanca.
Gli imperi sono colossi con le ginocchia spezzate.
La guerra ha divorato la giovinezza di un continente
e ora, nel 1918, tutti attendono solo la fine.
Ma la fine… deve ancora parlare italiano.
D’Annunzio lo sa.
Il morale dell’Austria deve essere colpito
non con una bomba,
ma con un’idea.
Con un’audacia che mozzi il fiato.
Con un gesto che il mondo intero ricorderà.
«Colpire il nemico più nel cuore che nel corpo.»
Così nasce l’impresa più folle e luminosa della sua vita:
volare con gli aerei italiani,
sorvolare Vienna – la capitale nemica –
e far piovere parole anziché esplosioni.
Un atto di guerra
che è anche un atto di poesia.
Il piano che sfida il possibile
La base è a San Pelagio, vicino Padova.
Gli aerei sono Ansaldo S.V.A.:
macchine leggere, veloci, dal ruggito metallico.
Quattordici piloti,
gli uomini migliori della Squadriglia “La Serenissima”.
Sul tavolo, una mappa.
Una linea sottile taglia la pianura e le montagne:
1.200 chilometri di volo
tra andata e ritorno.
Senza scali.
Senza margine d’errore.
Senza ritorno garantito.
Il rischio è totale.
E proprio per questo è irresistibile.
D’Annunzio parla piano, ma le sue parole
sono più pesanti del carburante negli aerei:
«Dovete essere eterni, anche se morirete.»
La partenza
9 agosto 1918.
L’alba trattiene il respiro.
I motori rombano.
La terra trema sotto gli S.V.A.
D’Annunzio sale sull’aereo di Natale Palli,
pilota giovane e fiero,
cuore saldo come le ali che guida.
«Se non torniamo?» mormora Palli, allacciando le cinghie.
«Allora saremo già in cima al cielo della gloria»
risponde il poeta,
come se l’eternità fosse solo un decollo più alto.
Decollano.
Uno dopo l’altro, gli aerei fendono il mattino.
Sopra l’Austria
Il viaggio è un duello con la sorte.
La rotta attraversa nuvole basse,
correnti traditrici,
montagne che sembrano venire incontro.
Poi appare la pianura.
Il cuore dell’impero.
Vienna si svela in lontananza:
torri, campanili, tetti appuntiti come lance di pietra.
Il Danubio scorre come un nastro d’argento.
Palli guarda D’Annunzio.
Lui annuisce.
Non serve altro.
«Siamo qui.
E nessuno ha saputo fermarci.»
La pioggia di volantini
Le casse vengono aperte.
I volantini si liberano come colombe in fuga.
Scendono sulla città
in un fruscio che è più forte del rombo dei motori.
Sono messaggi di libertà:
«L’Italia non ha paura.»
«Viva l’Italia! Viva la Libertà!»
«Non vi odiamo: vi svegliamo.»
Vienna si sveglia sotto una nevicata tricolore.
La contraerea reagisce,
ma troppo tardi:
gli italiani hanno già attraversato il cielo
come un verso che non si può cancellare.
Il ritorno
Restano poche gocce di carburante,

Poche gocce di carburante, il silenzio che pesa più del motore,
poi la terra italiana che riappare come un applauso trattenuto.
Sono vivi. E in quel momento, l’Italia vola con loro.
e tanti chilometri di speranza.
Un aereo è costretto ad atterrare in Svizzera.
Ma quello del Vate no.
Quello deve tornare.
D’Annunzio serra la mascella,
Palli tiene saldo il timone.
L’Italia appare all’orizzonte
come una promessa mantenuta.
Le ruote toccano il suolo.
Il silenzio dopo l’atterraggio è un applauso trattenuto.
Sono vivi.
Hanno vinto.
Il boato dell’Italia
Quando la notizia corre nel Paese,
l’Italia esplode in un sorriso
che da anni non riusciva più a fare.
Nelle caserme si brinda,
i giornali titolano in caratteri giganti,
le famiglie ripetono i nomi degli aviatori
come fossero santi in preghiera.
«La Serenissima ha portato l’Italia sul trono del cielo.»
D’Annunzio è travolto dalla gloria,
ma non si lascia travolgere dall’orgoglio.
«Abbiamo lanciato un messaggio.
Ora qualcuno dovrà ascoltarlo.»
Il mondo guarda, il nemico trema
Le cancellerie europee chiedono spiegazioni.
Washington applaude.
Parigi ammira.
Londra studia.
Vienna tenta di ridere…
ma è una risata che assomiglia a
uno scricchiolio nel buio.
Per la prima volta,
il grande impero ha visto la morte dall’alto
senza sentirla esplodere…
ma ragionare.
La propaganda italiana ha trovato la sua arma definitiva:
il poeta.
Una soglia oltre il cielo
Il volo su Vienna non è un capitolo,
è un trampolino.
Ha dimostrato che il coraggio può diventare
geografia, politica, destino.
E nel cuore del Vate
è successo qualcosa di irreversibile:
la guerra gli ha insegnato a combattere,
ora la pace gli chiede di guidare.
«Abbiamo solcato il cielo.
Ora solcheremo la storia.»

Non è una bomba a far tremare Vienna, ma un’idea che cade dal cielo.
In quel volo nasce una nuova arma: la parola che sfida, il coraggio che guida.
Da qui in avanti, per il Vate, il cielo non basta più.
E la storia ha un nome:
Fiume.
Non un confine da difendere,
ma un futuro da conquistare.
Perché quando la patria non sa più sognare,
serve qualcuno che disobbedisca per lei.
E D’Annunzio
ha appena dimostrato
che l’impossibile
gli obbedisce.

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