La montagna secondo la politica: alta abbastanza per le foto, bassa per i diritti

La montagna, per la politica, non è un luogo.
È una scusa stagionale.

A Natale diventa presepe.
D’estate cartolina.
Quando servono i voti, identità.
Quando servono i soldi… un problema tecnico.


Un borgo può essere isolato, spopolato, vecchio, dimenticato da decenni.
Può vivere senza medico, senza scuola, senza trasporti.
Può avere strade che d’inverno diventano trincee.

Ma se non rientra nei parametri giusti,
non è montagna.

È solo fastidio geografico.


La politica ti guarda e dice:

“Capisco il disagio.”

Poi abbassa gli occhi sui numeri e conclude:

“Non rientri.”

Traduzione:
sei fuori senza aver sbagliato niente.

Non sei abbastanza alto.
Non abbastanza utile.
Non abbastanza strategico.


La montagna vera non fa curriculum

La montagna vera:

  • non produce conferenze
  • non porta sponsor
  • non fa bella figura nei dossier

La montagna vera:

  • perde abitanti
  • perde servizi
  • perde tempo

E quando chiede qualcosa,
si sente rispondere che non è abbastanza montagna.


Destra, sinistra e l’arte di scaricare a valle

Una volta è la destra:

“È colpa dei criteri.”

Una volta è la sinistra:

“È colpa del sistema.”

Il risultato è sempre lo stesso:
la montagna resta sola.

Cambiano i governi,
ma i borghi restano senza voce.


🎄 Il Natale visto dall’alto (molto in alto)

Intanto, a dicembre,
loro con stipendio e tredicesima
incassano quanto un abitante di un borgo montano guadagna in un anno.

Un anno di:

  • freddo
  • rinunce
  • sacrifici
  • resistenza silenziosa

Loro invece brindano.
Dall’alto.
Molto in alto.


Conclusione (che fa male)

La politica ama la montagna
finché non chiede niente.

Quando chiede diritti,
diventa improvvisamente
troppo bassa,
troppo marginale,
troppo fuori parametro.

🎅 Buon Natale ai borghi di montagna.
Quelli veri.
Quelli senza titoli.
Quelli che non rientrano,
ma resistono.